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“Il Teatro in Tutti i Sensi”, in cartellone Play House di Martin Crimp

Prosegue sabato 29 ottobre alle ore 21 “Il Teatro in Tutti i Sensi”: nuova stagione presentata da Dracma – Centro Sperimentale d’Arti Sceniche, che si conferma una delle compagnie più attive e consolidate del territorio calabrese, e che da quest’anno può vantare anche il riconoscimento ufficiale del Ministero della Cultura come “Organismo di programmazione teatrale”.

Palcoscenico della rassegna, come ormai consuetudine, l’Auditorium Comunale di Polistena, che quest'anno trova nuova vita grazie ad una serie di interventi che miglioreranno l'esperienza della visione teatrale e che ridanno al teatro la sua funzione primaria, luogo della e per la comunità.

In cartellone Play House di Martin Crimp, una produzione Lvf, diretta e interpretata da Francesco Montanari, attore di teatro, cinema e televisione, conosciuto e apprezzato dal largo pubblico per innumerevoli ruoli fra cui quello del “Libanese” nell’acclamata serie “Romanzo Criminale” o del magistrato Alfonso Sabella nella serie Rai “Il Cacciatore” che gli è valso il premio come migliore attore a Canneseries per la sua interpretazione. Al centro dello spettacolo un uomo e una donna. L’amore, la noia, la famiglia, il sesso, i battibecchi, il rancore. In 13 quadri Katrina e Simon esplorano piccoli momenti di quotidianità, affondano la lama nel loro rapporto, costruiscono e distruggono la relazione. Il mondo, fuori, è solo un’eco e, quando penetra nel loro appartamento, eccita e destabilizza.

Ma chi sono veramente Katrina e Simon? Quale ruolo interpretano? Si sono veramente mai conosciuti? Lo spettatore ha costantemente l’impressione di spiare dal buco della serratura nella stanza, asettica, in cui si consuma la vita di un uomo, drammaticamente esilarante, disperatamente sola. La penna di Martin Crimp esponente della corrente “in-yer-face” del dramma britannico contemporaneo, scrittore residente al Royal Court Theatre di Londra dal 1997, autore di opere innovative, fra tutte Attempts on Her Life, costruisce in Play House due personaggi, Katrina e Simon, incredibilmente piccoli ma straordinariamente complessi. In poche parole e gesti i due si presentano come molte coppie contemporanee: disfunzionali, incoerenti, confusi, egocentrici. In questa visione registica i personaggi di Katrina e Simon si fondono in un’unica interpretazione, si accavallano, sorprendendosi a vicenda delle scelte dell’altro. Ne rimane un forte senso di solitudine, un’incomunicabilità di fondo, una difficoltà nell’affrontare la crescita e la maturità e – alla fine – la paternità/maternità.

Cosa c’è al centro di una relazione quando tutto si sgretola? Cosa tiene legate le persone? Il rituale della coppia si ripete all’infinito, e la sottile linea tra finzione e realtà, verità e interpretazione si confonde sempre di più, il gioco diventa sempre più meccanico in una Play House da cui, alla fine, nessuno esce vincitore. Almeno questo vorrebbe farci credere la consuetudine, ma forse per cambiare il destino della coppia basterebbe lo sforzo di direzionare lo sguardo verso l’altro e trovare in quegli occhi la credenza di poter essere felici insieme per davvero.


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