Cronaca

Lavoratori ex Alival, il tavolo tecnico è scomparso: "Le istituzioni ci hanno dimenticato"

Molti dipendenti licenziati del caseificio di San Gregorio sono delusi e sconfortati dallo stallo nella vertenza per la ricollocazione, che invece in Toscana è andata a buon fine

Lo stabilimento Alival di San Gregorio chiuso

"Le istituzioni ci hanno dimenticato. Non abbiamo notizie di nessuna delle soluzioni che ci avevano prospettato per ricollocarci e il tavolo con gli enti non si è più riunito. Siamo senza lavoro da mesi e non sappiamo quale sarà il nostro futuro, ma la politica è scesa in piazza per la Reggina, non per noi". A parlare così, con enorme sconforto, è uno degli ex dipendenti del caseificio Alival di San Gregorio, che lo scorso 31 marzo ha cessato l'attività licenziando il personale impiegato - una sessantina, al netto dei pochi che hanno accettato il trasferimento in altra sede proposto dall'azienda Lactalis Nuova Castelli. 

Dopo la chiusura dello stabilimento, della vertenza si era occupato un tavolo tecnico interistituzionale insediato in prefettura, al quale partecipano sindacati, Comune, Città metropolitana, Regione, Unioncamere e Unindustria. Dalle uniche due riunioni era uscita un'indicazione molto precaria e priva di certezze, che registrava l'interesse di alcune imprese del territorio ad assumere una parte dei lavoratori, con il paletto di settori diversi da quello agroalimentare e la conseguente esigenza di formare i ricollocati alle nuovi mansioni, attivando percorsi agevolati di apprendistato o addestramento da parte della Regione. Poi, alla vigilia della deadline dello stabilimento, le interlocuzioni si sono interrotte.

La speranza dei professional days, dove qualche colloquio è stato incoraggiante

In assenza delle istituzioni, una strada alternativa era stata percorsa da camera di commercio e diocesi inserendo gli ex Alival nel progetto Job in Progress, attivato nel 2021 per mettere in rete soggetti (tra cui imprenditori, università, istituti di credito, sindacati e ordini professionali) che vogliono contribuire allo sviluppo del territorio offrendo opportunità lavorative a giovani o per l'avviamento di nuove imprese. Ma anche quel percorso è attualmente in stallo, dopo l'unica iniziativa dell'adesione dei lavoratori ai professional days, durante i quali hanno avuto colloqui con le 54 aziende partecipanti. Per loro in quell'occasione, come ci dice la coordinatrice di Job in Progress Monica Tripodi, è stato creato uno spazio apposito con particolare attenzione rispetto agli altri partecipanti, supportandoli anche nell'aggiornamento dei curriculum. Qualche imprenditore avrebbe valutato positivamente alcuni dei lavoratori con maggiori qualifiche, ma la situazione più critica è quella di chi ha urgenza di riprendere a lavorare e, per età ed esperienza pregressa, ha difficoltà a cambiare settore o dedicarsi a lunghi percorsi formativi.  

Molti dei lavoratori hanno perso la fiducia e qualcuno ha anche scelto di allontanarsi dal sindacato, deluso dalle mancate risposte. "Non esistiamo più - si sfoga uno di loro - e fa male vedere che quando si è trattato della squadra di calcio si sono mossi enti, imprenditori e cittadini in massa. Il destino di tante famiglie senza lavoro a Reggio non interessa a nessuno". Inutile ogni richiesta di sollecitare il tavolo e capire quali siano gli scenari effettivi. 

Il tavolo è fermo, per la Regione la premessa è la disponibilità di altre imprese ad assumere

Dando voce ai lavoratori, lo abbiamo chiesto noi a sindacalisti e amministratori, e quello che ci è stato detto conferma la sensazione di abbandono vissuta dagli ex Alival. Antonino Zema (Fai Cisl) fa sapere di aver insistito anche di recente in prefettura per una nuova riunione, che però vede la Regione poco attiva sulla vertenza. Come si ricorderà, a differenza di quanto accaduto in Toscana per l'altro impianto Lactalis dismesso, a Ponte Buggianese, negli incontri convocati con l'azienda e presso il ministero, l'ente calabrese non aveva mai partecipato. L'assessore Giovanni Calabrese, contattato da Reggio Today, afferma: "Abbiamo tantissime situazioni come quella di Alival e ogni singolo lavoratore ha il nostro massimo impegno. Purtroppo la premessa per ogni misura di sostegno da parte della Regione è la concreta disponibilità di altre imprese per ricollocare i lavoratori". Ricordiamo all'assessore regionale al lavoro che, in sede di tavolo concertativo, il presidente della camera di commercio reggina Antonino Tramontana aveva spiegato come il reale interesse di alcuni soggetti imprenditoriali fosse condizionato dalla necessità di formazione per quelle maestranze provenienti da altri settori lavorativi. Una specializzazione che ovviamente comporta costi che non potranno essere a carico degli imprenditori stessi, e qui l'onere dovrebbe riguardare la Regione. "Gli interventi in materia - aggiunge l'assessore - dipendono dalle risorse disponibili, che a loro volta vanno impiegate seguendo le procedure richieste, spesso complesse". Una di queste misure potrebbe essere il Gol (programma Garanzia Occupabilità dei Lavoratori) finanziato con i fondi europei di NextGenerationEU nell'ambito del Pnnr proprio per la riqualificazione professionale, in un percorso da personalizzare per la particolare situazione degli ex Alival.

Per Calabrese però il primo passo spetta comunque alle imprese eventualmente inclini ad assumere i lavoratori. Detta così sembra un'attesa reciproca che può dilatarsi all'infinito. Ad aggiungere amarezza nella vicenda del caseificio di San Gregorio sono le recenti iniziative di Lactalis, che si conferma primo gruppo italiano nel comparto con un fatturato di 27 miliardi nel 2022, e ha adesso acquisito l'azienda bresciana Ambrosi, specializzata nella produzione e distribuzione di parmigiano reggiano e grana padano. E' notizia di agosto il primo posto della multinazionale di origine francese nel Global Diary Top 20, classifica dei gruppi lattiero-caseari più grandi al mondo. Con parecchio distacco da Unilever, Muller, Danone e Nestlè, per citare qualcuno dei concorrenti. 

Possibile che tra i 28 stablimenti italiani solo quelli di San Gregorio e Ponte Buggianese fossero improduttivi tanto da portare all'inderogabile decisione della chiusura? E fa ancora più male il confronto tra i due casi, perché i lavoratori dell'impianto toscano sono stati salvati grazie a un accordo promosso dalla Regione con un gruppo di imprese, che si sono impegnate a riassorbire l'intero personale che lavorava nello stabilimento (45 su 56 persone, tolti gli 11 che hanno accettato il trasferimento alla Porcari di Lucca).

In Toscana riassunta la metà dei licenziati, e Lactalis sta contribuendo alla salvezza del sito

Questo accadeva agli inizi di marzo, in perfetto tempismo con i programmati licenziamenti, ma poi è accaduto pure altro. A luglio nel progetto è entrata la stessa Lactalis firmando un protocollo d'intesa per il recupero del sito industriale di Ponte e partecipando anche economicamente al percorso per l’individuazione e il subentro di un nuovo investitore. La Regione Toscana definisce giustamente modello virtuoso quest'intesa raggiunta con un'azienda che non è obbligata per legge ad occuparsi del destino di quello stabilimento, di cui non è neppure proprietaria. Ma le istituzioni sono riuscite a convincere il colosso francese che quell'area va rilanciata: Lactalis metterà a disposizione fino a trecentomila euro come contributo sulle opere di ripristino dello stabilimento di Ponte, destinati a chi, entro il 30 aprile 2024,si assumerà l’impegno per la riconversione e reindustrializzazione anche in settori diversi dal comparto lattiero-caseario.  Quanto ai lavoratori toscani, la metà ha già ritrovato un'occupazione facendo in pratica il contrario della Calabria, cioè agevolando le imprese che poi si sono rese disponibili all'accordo. Giriamo questo suggerimento alla nostra Regione, da cui ci è stata assicurata la riapertura del tavolo istituzionale su Alival. Sarebbe davvero ora, dopo aver perso sei mesi dall'infausta data nella quale Lactalis Nuova Castelli ha mandato a casa i lavoratori di San Gregorio.


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