Cronaca

Infermieri, gli eroi dimenticati che lottano in prima linea contro il Covid

Francesco Anoldo racconta la vita dentro il reparto del Grande ospedale metropolitano. Le storie legate ad un filo e la sorpresa di compleanno ad un paziente con il casco

foto archivio (Ansa)

“Siamo con i malati nei corridoi, gente che ha l'insufficienza respiratoria acuta, con il casco. Non ci sono posti nelle stanze, nei reparti e così siamo nei corridoi, con il grave pericolo di contagio anche per noi infermieri. Quando si nebulizza infatti, con i pazienti che hanno il covid, c'è l'alto rischio che anche noi veniamo contagiati. L'ospedale è al collasso”.

Non usa mezzi termini Francesco Anoldo, infermiere al Grande ospedale metropolitano, che afferma: “ho vissuto tutte le fasi della pandemia ma posso dire con certezza che questa è sicuramente per la nostra città la più brutta: abbiamo tutti i reparti covid pieni e terapia intensiva è a quota 14. La situazione è disastrosa anche perché non ci sono solo i malati di covid ma anche tanti altri pazienti che hanno il diritto alla cura ma che, in questo momento, rischiano di non poter essere adeguatamente assistiti, con tempi lunghi di attesa”.

"Alcuni malati covid vengono trasferiti agli ospedali di Melito o di Gioia Tauro, - aggiunge - sono pazienti che non possono fare la quarantena a casa e così sono stati attivati questi ospedali. Ma ripeto al Gom siamo al collasso!".

“Noi infermieri siamo passati dall'essere eroi all'essere totalmente dimenticati - dice con amarezza Anoldo -  lavoriamo mettendoci non solo la professionalità ma anche l'amore verso i nostri degenti però siamo davvero pochi e ormai stremati da un'emergenza che non si ferma. Nel mio reparto, ad esempio, in pneumologia, siamo due infermieri a piano ed abbiamo da gestire trenta, trentadue malati. Basti pensare che di questi il 50% è con il casco e ciò vuol dire che hanno bisogno di assistenza assidua, ma come facciamo? Siamo davvero pochi e se poi aggiungiamo anche che c'è chi sfortunatamente si contagia ecco che il già ridotto numero di infermieri si assottiglia". 

"Questa è una situazione che adesso emerge chiaramente ma che ha origini “antiche” - aggiunge Anoldo, (nella foto) - da quanto la sanità in Calabria è stata commissariata, nel 2010, e da qual momento si sono bloccate le assunzioni e si sono chiusi ospedali. Noi lavoriamo con tutta la voglia di fare, ma all'inizio di questa quarta ondata, che avrà il picco sicuramente a marzo, siamo già sfiniti. Sono stati assunti infermieri con partita iva, una ventina di unità proprio per fronteggiare la situazione pandemica ma so che i pagamenti sono fermi a ottobre. Anche questo sfinisce e non incentiva chi deve lavorare duramente, vedendo la morte in faccia ogni giorno". 

"Appena è scoppiata la pandemia, noi infermieri eravamo gli eroi, - ricorda -  tutti ci dicevano grazie per il lavoro svolto ma adesso nessuno si ricorda di noi e non abbiamo ricevuto un euro del Bonus Covid. Eppure continuiamo ad amare il nostro lavoro ed i nostri pazienti. Potrei raccontare mille episodi di cosa vuol dire vivere ogni giorno, per molte ore, dentro un reparto covid, di cosa vuol dire vedere da vicino la morte ma voglio raccontare quello che è successo ieri, l'ultimo di tanti episodi con i nostri ammalati”.

“Stavo caricando le analisi di un paziente nel sistema - racconta - quando mi sono accorto che proprio quel giorno faceva il compleanno, 70 anni. Quest'uomo che era ricoverato, in isolamento e con il casco da dieci giorni, era molto triste. Sappiamo bene che la condizione psicologica di chi è ricoverato in un reparto covid non è facile, così ho preso l'iniziativa: ho trovato sulla cartella clinica il numero di telefono della figlia e con il mio telefono ho fatto una videochiamata e le ho passato il papà. E' stato emozionante. Una sorpresa per entrambi e vederli piangere, di gioia, è stato bello anche per me. 

Penso che per uscire da questa situazione, adesso, occorra una presa di coscienza da parte di tutti, in primis delle istituzioni e per almeno quindici giorni chiudere tutto, qui da noi, perché rischiamo il collasso del sistema sanitario. Solo così, decongestionando il Gom, potremmo affrontare il picco della quarta ondata che ancora deve arrivare. Non bastano i soli vaccini: occorre mantenere il distanziamento e le mascherine. Adesso stiamo pagando il prezzo del “liberi tutti” delle festività natalizie".


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