Cronaca

Nella Piana è ancora disumana la vita dei lavoratori agricoli stranieri

Contratti senza tutele e condizioni abitative di degrado sono segnalate da Medici per i diritti umani nel nuovo rapporto del progetto del Cric "Campagne aperte"

Braccianti agricoli (foto Today)

Tra gli effetti del nuovo Decreto Cutro sull'immigrazione c'è paradossalmente quello di rendere quasi impossibile la messa in regola dei migranti e dunque favorire la creazione di ulteriori sacche di illegalità. L'allarme arriva da Medici per i diritti umani (Medu), che ha presentato l'esito del progetto “Campagne aperte", svolto per il nono anno durante la stagione agrumicola nella piana di Gioia Tauro insieme a varie associazioni del territorio. 

L'intervento è cofinanziato da Latter-day Saint Charities e la Fondazione con il Sud. Per “Campagne aperte”, che ha l'obiettivo di contribuire all'affrancamento dallo sfruttamento lavorativo e dall’isolamento sociale dei lavoratori agricoli stranieri, sul territorio della città metropolitana di Reggio il soggetto responsabile è il Centro Regionale d’Intervento per la Cooperazione (Cris) Ets insieme a coinvolge un ampio partenariato locale (oltre Medu, Arci, Mediterranean Hope, Nuvola Rossa, Dispes-Unical, ReCoSol). 

L'attività della clinica mobile Medu si è svolta tra febbraio e marzo con un team composto da una coordinatrice, un medico, due mediatori linguistico-culturali, un operatore socio-legale e un logista e ha previsto assistenza sanitaria e orientamento socio-legale per i lavoratori agricoli che vivono presso la tendopoli di San Ferdinando, il campo container di Rosarno, l’insediamento di Contrada Russo nel comune di Taurianova e i casolari abbandonati nella frazione di Drosi di Rizziconi. In totale è stata interessata un'utenza di 55 persone effettuando 70 consulti.

Il report dell'associazione ha riacceso i riflettori su una realtà che resta di grave emergenza umanitaria oltre che disgnare un contesto di diffusa assenza di diritti dei lavoratori. Nel momento in cui la crisi legata all'esubero dei flussi migratori sta esplodendo con il collasso dei centri di accoglienza e ha avuto il suo culmine con la tragedia di Steccato di Cutro, Medu focalizza l'attenzione su un altro nervo scoperto dell'immigrazione, quello delle condizioni lavorative dei braccianti agricoli, in un territorio che porta addosso la memoria della rivolta di Rosarno.

Dalla rivolta di Rosarno a uno sfruttamento ancora forte tra i braccianti della Piana

Dal 2010 le cose non sono cambiate, anzi la nuova normativa del Governo rischia di peggiorare la situazione: un terzo dei turnisti agricoli stranieri della Piana sono infatti titolari di un permesso di soggiorno per protezione speciale, il cui ottenimento e rinnovo con il Decreto Cutro è sottoposto a criteri molto più restrittivi e l'unica alternativa per i migranti che non rientrassero nei requisiti sarebbe convertirlo in permesso per motivi di lavoro. Ma le condizioni lavorative dei braccianti sono ancora caratterizzate da un grave sfruttamento.

La popolazione assistita da Medu negli ultimi mesi è costituita da uomini cin un’età media di 36 anni e provenienti dall'Africa occidentale, soprattutto Mali, Gambia, Senegal e Costa D’Avorio. La diminuzione della manodopera disponibile rispetto all'elevata offerta di lavoro ha portato a un aumento della retribuzione quotidiana (45- 50 euro a giornata a fronte dei 25-30 degli anni passati), ma anche quando il lavoratore è contrattualizzato persistono le irregolarità retributive e contributive, dal mancato rispetto delle norme sulla malattia e la sicurezza sul lavoro, alla rinuncia al riposo al conteggio delle giornate effettive in busta paga. Pochissimi i contratti con almeno 51 giornate dichiarate, necessarie per ottenere la disoccupazione agricola.

La vita dei lavoratori stranieri nella Piana è resa più difficile dalle condizioni degli alloggi, lontani dai centri abitati e persino dai luoghi di lavoro. I lavoratori vivono in tende e baracche, al limite dell'emergenza igieniche per la prossimità con cumuli di spazzatura e con stufe rudimentali o falò come unico mezzo di riscaldamento. Su quest'ultimo aspetto la squadra di Medu ha evidenziato la necessità di un presidio dei vigili del fuoco presso le tendopoli, dove il rischio di incendi è molto alto mettendo in pericolo una comunità che nel picco della stagione di raccolta arriva a contare oltre 700 persone. Questi fattori socio-abitativi incidono sulla salute dei braccianti: le visite mediche hanno riscontrato negli assistiti una prevalenza delle patologie dell’apparato osteo-articolare e dell’apparato digerente, anche a causa di un’alimentazione estremamente povera.

A Rosarno e Taurianova in arrivo progetti di miglioramento abitativo

Ci sono però due progetti in corso per agire concretamente sull'emergenza. A Taurianova, in contrada Russo, sarà aperto il “Borgo Sociale”, realizzato nell’ambito del progetto interregionale Su.Pr.Eme finanziato dalla Regione Calabria attraverso il Fondo Asilo Migranti Integrazione della Commissione Europea. Si tratta di 24 container con quattro posti letto ciascuno, destinati ad ospitare 96 persone e nell'insediamento ci saranno anche un campo da calcio, una lavanderia e uno spogliatoio, uno spazio per la preghiera e una sala comune. Per renderlo fruibile manca soltanto la corrente elettrica, che però a distanza di un anno dal completamento del villaggio non è ancora stata attivata.

A Rosarno 17 lavoratori che vivono nel campo di Testa dell'Acqua hanno fatto richiesta di trasferimento nel Villaggio della Solidarietà in contrada Carmine. Dovrebbero spostarsi molto presto se saranno superati gli ostacoli burocratici legati alla necessità di presentare documenti rigorosi come il contratto di lavoro e la domanda di inserimento del datore di lavoro. Oltre al permesso di soggiorno, che richiede anche il riconoscimento della residenza, impossibile se si vive in una tendopoli o in abitazioni fatiscenti affittate in nero, come fu denunciato a Rosarno nel 2020 dall'allora sindaco Giuseppe Idà quando scoppiò il caso delle locazioni abusive ai migranti in immobili abbandonati.

Il modello virtuoso sul territorio è l'ostello "Dambe So", aperto a a gennaio 2022 su iniziativa di Mediterranean Hope seguendo il progetto della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia. La struttura, ben integrata nel contesto urbano, coinvolge gli stranieri come soggetti di cittadinanza attiva e il bilancio di oltre un anno di lavoro sembra indicare che per i lavoratori stagionali della piana questo tipo di inclusione globale in tutti i settori sociali è la via giusta. 

Le richieste delle associazioni per un settore che si regge sui lavoratori stranieri

Lo scenario che anche quest'anno emerge dall'attività del progetto "Campagne aperte" ribadisce una verità ovvia: il settore agricolo, nel territorio reggino come nelle altre zone del paese, è retto dal lavoro degli stranieri, e adesso la perdurante precaria situazione socioabitativa e il mancato rispetto di diritti fondamentali dei lavoratori sta causando una drastica diminuzione di queste risorse. Per questo le associazioni coinvolte nel progetto reggino (Medu, Cric, Arci, Nuvola Rossa, e ReCoSol insieme al Dispes dell'Università della Calabria), hanno fatto precise richieste alle istituzioni. Si chiede di incentivare la legalità nei rapporti di lavoro attraverso politiche di sostegno ai piccoli produttori e maggiori controlli. Inoltre si invita a smantellare definitivamente tutti gli insediamenti che versano in condizioni di estremo degrado e si rendano realmente accessibili soluzioni abitative adeguate investendo anche in progetti di abitare diffuso che concilino alloggio e lavoro. Infine si chiede che vengano reintrodotti i presupposti per il riconoscimento della protezione speciale precedenti al decreto Cutro, le cui rigorosissime norme favoriscono di fatto l’aumento del numero degli irregolari, che fuori dalla tutela giuridica sono maggiormente esposti allo sfruttamento sul lavoro. Non si muore soltanto in mare e a Rosarno è una dolente memoria la fine del maliano Soumayla Sacko, ucciso a fucilate in un capannone. Secondo qualcuno cercava pezzi di lamiera per realizzare baracche che riparassero meglio dal freddo nella tendopoli di San Ferdinando, ma era anche un sindacalista impegnato a difendere i diritti dei suoi connazionali. 


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